Si segnala una recente sentenza della Cassazione Penale, Sez. IV depositata il 20 giugno 2011 n. 24573, che prendendo le mosse da una decisione intervenuta in sede di udienza preliminare in cui il giudicante aveva escluso l’esistenza di una posizione di garanzia in capo agli infermieri, contemplata dalla fattispecie del reato omissivo improprio di cui all’art. 40, comma 2 c.p. (non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo) ha, viceversa, stabilito che “rientra nel proprium (non solo del sanitario, ma anche) dell’infermiere quello di controllare il decorso della convalescenza del paziente ricoverato in reparto, sì da poter porre le condizioni, in caso di dubbio, di un tempestivo intervento del medico”.
La triste vicenda che ha dato origine a questa sequela di pronunce che hanno poi condotto al giudizio del Supremo Collegio è quella di un signore che la mattina del 13 settembre 2005 veniva condotto con urgenza al Pronto Soccorso poiché rimasto gravemente ferito a seguito di un incidente stradale.
Sottoposto a un delicato intervento chirurgico all’arto inferiore destro che terminava alle ore 12:30. Nella fase post-operatoria emergevano delle complicazioni. La moglie del paziente, una volta notato lo stimolo al vomito, l’intensa sudorazione e il copioso sanguinamento chiedeva a più riprese invano l’aiuto e l’intervento del personale infermieristico.
Solo alle ore 21:40 dello stesso giorno e solo grazie all’interessamento di un medico del Pronto Soccorso, il paziente veniva sottoposto a una TAC al termine della quale veniva poi finalmente trasferito, oramai in stato di incoscienza e con una seria e preoccupante diagnosi (coma con insufficienza cardiocircolatoria terminale in soggetto cranio traumatizzato), in un altro ospedale.
Nonostante un pronto e riuscito intervento di craniotomia fronto-temporo-parietale, il paziente decedeva il 17 settembre 2005 nel reparto di rianimazione della struttura sanitaria.
Nei confronti di tutti gli imputati nel corso dell’udienza preliminare veniva dichiarato il non luogo a procedere “perché il fatto non sussiste”. Nello specifico il Pubblico Ministero imputava al personale infermieristico di non avere dato corso alle incessanti richieste di intervento medico avanzate dai familiari della vittima.
La Suprema Corte di Cassazione ha definito “del tutto improponibile giuridicamente… l’assunto del giudicante teso ad escludere la sussistenza di una posizione di garanzia degli infermieri, che, oltre ad essere affermazione apodittica, fraintende completamente i principi applicabili nella subiecta materia”.
È vero, per la Corte Suprema, il contrario, con la pregnante precisazione che ”non è in discussione (né lo potrebbe essere) una comparazione tra gli spazi valutativi e decisionali dell’infermiere rispetto al medico, ma solo l’obbligo per l’infermiere, anche solo in caso di dubbio ragionevole (qui, fondabile non foss’altro che per le reiterate indicazioni dei parenti), di chiamare l’intervento del medico di turno, cui poi compete la decisione ultima”.