Questo è quanto ha statuito la sentenza n. 7455/2011 del Giudice di Pace di Milano, Sezione VI Civile, nella persona della Dott.ssa Teti, che, in accoglimento della tesi difensiva degli Avv.ti Luigi Lucente e Simona Tesolin, ha precisato che non basta intitolare una carta “contratto” e raccogliere una firma per considerarlo tale, essendo necessario verificare, da un lato, l’effettiva sussistenza dei suoi presupposti essenziali, e, dall’altro, quale fosse la reale intenzione dei soggetti coinvolti al momento della firma, in armonia con un insegnamento consolidato della giurisprudenza per cui “il significato delle dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito solo al termine del processo interpretativo e alla luce dell’esperita attività istruttoria”.
Nel caso di specie, alla Sig.ra G., era stato notificato un decreto ingiuntivo da parte di un Centro Estetico che le intimava di pagare dei trattamenti per più di € 4.000,00, dovuti, a dire del ricorrente, in virtù di un contratto sottoscritto in occasione di una visita della signora presso la loro struttura.
La Sig.ra G., tuttavia, ci ha esposto una realtà dei fatti ben diversa, e cioè che l’unico motivo per cui si era recata nel ridetto Centro Estetico era per avere delle informazioni, per ottenere le quali era stata sottoposta ad un’analisi della figura (pubblicizzata come assolutamente gratuita), necessaria per avere un preventivo di spesa.
Ha aggiunto, altresì, che l’addetta al Centro Estetico aveva, quindi, redatto un possibile piano di trattamenti in più sedute, indicando sia il preventivo di spesa pari a € 3.230,00 sia le tempistiche di successo, inducendola a sottoscrivere quella carta, a suo dire, ai fini della privacy, e rassicurandola sul fatto che si trattava di una firma assolutamente priva di impegno.
Questi difensori, pertanto, con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, hanno incardinato innanzi al Giudice di Pace di Milano, il procedimento che ha dato origine alla sentenza di cui si tratta perché venisse accertata l’infondatezza della pretesa avanzata dal Centro Estetico.
In particolare, la tesi difensiva seguita dagli Avv.ti Lucente e Tesolin è stata che, in occasione dell’incontro del 09 maggio 2008, la Sig. G. si era limitata a chiedere al Centro Estetico delle informazioni e un preventivo di spesa relativamente ai trattamenti di dimagrimento offerti e, in tale circostanza, venne sottoposta ad un’analisi della propria figura ASSOLUTAMENTE GRATUITA E PRIVA DI IMPEGNO finalizzata a dare una risposta alle domande della Sig.ra G. che, tuttavia, non voleva iniziare quel percorso in quel preciso momento storico né poteva farlo, dal momento che, trovandosi in infortunio, non era in condizioni di salute tali da potersi sottoporre alle prestazioni offerte dal Centro Estetico, che, tra l’altro, prevedevano almeno 60 sedute di ginnastica e, quindi, uno sforzo fisico che la signora non era in grado di affrontare.
Tra la Sig.ra G. e il Centro Estetico non si era, pertanto, perfezionato alcun contratto, come, peraltro, emergeva già per tabulas, proprio dal “modulo di iscrizione”, che controparte aveva assunto a fondamento delle proprie pretese.
Se era pur vero che in tale documento, precisamente alla clausola n. 2, si legge la parola “contratto”, altrettanto vero era che non basta un nomen iuris per giustificare la sussistenza di un istituto, ma serve che ne ricorrano i presupposti essenziali, due dei quali, peraltro, nel caso di specie, erano richiamati da questa stessa disposizione, e cioè: il “piano di trattamenti”, nonché le “condizioni di pagamento”, aspetti entrambi che – MAI sono stati discussi e/o concordati fra le parti in causa.
Se né il piano di trattamenti né le condizioni di pagamento erano state concordate, la Cliente non poteva impegnarsi ad osservarle.
Senza contare che, a parte questi dettagli espressamente richiamati dalla clausola n. 2 che controparte stessa invocava, il modulo in questione difettava anche di ulteriori elementi essenziali per potersi considerare un accordo perfezionato, e cioè:
– il calendario puntuale delle sedute;
– lo studio di un piano alimentare personalizzato;
– e, soprattutto, la visita medica preventiva.
Si è argomentato, inoltre, sul carattere generico, prestampato e redatto UNILATERLMENTE dal Centro Estetico in migliaia e migliaia di copie, del “modulo di iscrizione” che non avrebbe potuto essere assunto nel rispetto dell’art. 1362 c.c. e della giurisprudenza in materia (Cass. Civ. 09 giugno 2005 n. 12120), quale mezzo ermeneutico più idoneo per accertare la comune intenzione delle parti.
Inoltre, si è sottolineato che l’approvazione scritta da parte della Sig.ra G. delle clausole (pesantemente vessatorie) 1-13 del documento, fosse, in concreto, priva di effetti.
Le stesse, infatti, sono richiamate cumulativamente con tutte le altre e, pertanto, non soddisfano il requisito della specificità richiesto dall’art. 1341 c.c. (anch’esso non riportato sul documento) per la loro validità (06/4452, in G. Cian e A. Trabucchi, Commentario Breve al Codice Civile, VIII edizione, CEDAM, art. 1341 c.c., pag. 1511).
Non solo!
Se si leggeva con attenzione il contenuto della seconda parte del modulo, quello per intenderci dove si chiede la specifica approvazione per iscritto, saltava immediatamente agli occhi la profonda differenza rispetto ai contenuti della prima parte.
Riassumendo, nessun dubbio -per i Difensori della Sig.ra G.- che doveva essere profondamente ridimensionata la portata del modulo tanto sbandierato da controparte che, se qualche valenza aveva, era solo quella di un primo passo in una trattava, ovvero, come potremmo dire facendo nostre le parole di uno dei testimoni ascoltati, di una semplice “richiesta di informazioni”.
I testi ascoltati nel corso del processo hanno, altresì, fugato ogni dubbio in merito al fatto che la Sig.ra G. sia stata indotta a firmare delle carte con pretestuose quanto false lusinghe e “trucchetti”.
Si legge, infatti, e fra l’altro nelle dichiarazioni testimoniali: “Io non ho visto cosa ha firmato la mia amica, ma ho sentito che veniva rassicurata che la sua firma era priva di impegno”; ADR: “[…] la mia amica si è affidata alle dichiarazioni dell’addetta al Centro Estetico che la rassicurava che si trattava solo di documenti informativi e privi di impegno”.
Anzi, in proposito, ci si permette di aprire una brevissima parentesi, precisando un ulteriore aspetto, e cioè che, tra l’altro, nel “modulo di iscrizione” si legge che la validità dei trattamenti è di un anno dal primo effettuato, in tal modo, facendo dipendere l’efficacia del contratto – sempre che di contratto volesse parlarsi – dalla decisione dell’utilizzatore finale, ovvero dalla prestazione, almeno, del primo trattamento.
Tuttavia, nel caso di specie, la ridetta condizione non si è mai verificata, in quanto la Sig.ra G. non ha mai usufruito né prenotato – non potendo – alcun trattamento (come, peraltro, si evince anche dal piano di lavoro giornaliero prodotto da controparte stessa).
Va da sé che al verificarsi di tale condizione era eventualmente subordinato anche il versamento del compenso (e, quindi, l’esigibilità di esso).
Il Giudice di Milano con la sentenza in oggetto ha così statuito: “… ritiene fondata la domanda dell’opponente, in quanto il decreto ingiuntivo n. 37816/2009 deve essere revocato essendo la pretesa in esso azionata infondata in fatto e in diritto, non essendosi perfezionato il contratto posto alla base dell’ingiunzione e risultando, inoltre, l’assoluta incongruità della somma ingiunta in relazione all’accertata mancata fruizione dei trattamenti da parte della opponente.
Esaminando il preteso contratto inter partes, il Giudice rileva ictu oculi che il MODULO DI ISCRIZIONE, rappresentato da un modulo prestampato ed in parte compilato, non è un contratto definitivo, come deduce parte opposta, ma è una convenzione preliminare contenente un preventivo, da considerarsi alla stregua di una trattativa; infatti non è stato versato alcun acconto, non sono state determinate alcune clausole essenziali, in particolare le modalità del pagamento e/o dei pagamenti; non risulta, inoltre, acquisito il certificato medico, indispensabile al fine di valutare la compatibilità della signora G. a sottoporsi a un pesante programma quale prospettato nel modulo; il Modulo in questione va interpretato senza alcun dubbio alla luce della promessa di check-up iniziale gratuito da parte del Centro Estetico visionabile sul sito dell’opposta.
La clausola n. 2 dello stesso modulo è chiara: “Il cliente si impegna a corrispondere per l’intero il prezzo pattuito nel suddetto prospetto e secondo le condizioni stabilite”; nella fattispecie mancano proprio le condizioni stabilite e il relativo spazio è in bianco; non solo, la clausola n. 8 stabilisce: “I trattamenti… hanno validità di anni uno dal primo effettuato”: nel nostro caso la cliente non ha usufruito di alcun trattamento, come dichiarato dalla stesa madre della titolare”…