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Pubblicato sul sito www.7giorni.info

Egregio Avvocato,
sono una ragazza di 26 anni, convivo con il mio ragazzo e sono inoccupata. Dalla morte di mia madre – che è deceduta 3 anni fa (ero già orfana di padre) – i miei due fratelli non hanno fatto le pratiche di successione, non hanno intenzione di farle e usufruiscono dei beni anche a me spettanti (vivendo io lontana).
Volevo sapere se, vista la mia situazione di convivenza, ho diritto al patrocino gratuito e se sia possibile attivarlo per le pratiche di successione.
Carmina

 

Gentile lettore,
nel prestare riscontro alla Sua gentile domanda, Le segnalo, che per poter fornire una risposta completa sarebbe necessario conoscere nel dettaglio il contenuto del contratto di abbonamento annuale da Lei sottoscritto con la palestra in questione, nonché il contenuto dell’eventuale regolamento al quale Lei ha aderito sottoscrivendo l’abbonamento.
Fermo restando quanto sopra, ad ogni modo, cercherò di rispondere al quesito ragionando per ipotesi. Se il contratto e/o il regolamento da Lei sottoscritti prevedono degli orari predeterminati di apertura e di chiusura della palestra nei giorni feriali, ma con una clausola – come di regola avviene – in cui la direzione della palestra si riserva la facoltà di apportare eventuali modifiche agli orari di apertura e chiusura a propria insindacabile discrezione, le lamentate chiusure del 24 e de 31 dicembre non hanno comportato la violazione di alcun obbligo da parte della palestra e, conseguentemente la violazione di alcun diritto per gli utenti della palestra.
Diversamente, nell’ipotesi in cui le clausole del contratto e del regolamento da Lei sottoscritti prevedano a carico della struttura un obbligo di apertura in tutti i giorni feriali dell’anno, nessuno escluso, senza possibilità per la palestra di modificare e/o cambiare i giorni di apertura e/o gli orari, la palestra si è resa inadempiente perché è venuta meno ad uno degli obblighi contrattuali assunti. A questo punto, a mio parere, Lei potrebbe chiedere alla palestra una sorta di “indennizzo” per non aver potuto usufruire dei servizi cui aveva diritto (e per i quali ha versato la quota di abbonamento annuale) nei giorni di sospensione dell’apertura unilateralmente imposti dalla direzione della palestra stessa.
Le segnalo, inoltre, che la fattispecie che ci occupa ha ad oggetto un contratto a prestazioni corrispettive e, dunque, secondo quanto stabilito dall’art. 1453 del Codice Civile in caso di inadempimento di una parte l’altra può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo in ogni caso, il risarcimento del danno. In ogni caso il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra. Ai fini della risoluzione non è sufficiente che una delle parti del contratto sia semplicemente inadempiente: non ogni imprecisione, ancorché minima, rispetto al programma degli impegni contrattuali conduce alla praticabilità del rimedio in esame. L’art. 1455  cod.civ. infatti precisa che l’inadempimento deve essere di non scarsa importanza alla stregua dell’interesse della parte che lo subisce. Tuttavia non mi pare che nel suo caso si possa profilare l’ipotesi della possibilità di risolvere il contratto, tenuto conto che le chiusure del 24 e del 31 dicembre, ovvero di soli due giorni prefestivi nell’arco di un anno solare, difficilmente potrebbero rappresentare un inadempimento di rilevante importanza.
E, ancora, nel contratto potrebbe essere stata prevista una clausola risolutiva espressa, ovvero potrebbe essere stato previsto che il contratto si risolva nel caso in cui una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite. Se così fosse, e se fosse stata prevista la clausola risolutiva espressa per il mancato rispetto da parte della palestra dei giorni e degli orari di apertura, la risoluzione in tal caso si verificherebbe di diritto nel momento in cui Lei comunica per iscritto alla palestra che intende avvalersi di detta clausola risolutiva.
Per quanto concerne, invece, la questione relativa al mutamento della palestra da Associazione Sportiva dilettantistica a Società sportiva dilettantistica, anzitutto evidenzio che nel nostro ordinamento nel caso di sport dilettantistico, i sodalizi sportivi possono organizzarsi in una delle seguenti tre forme: 1) associazione sportiva priva di responsabilità giuridica, disciplinata dagli artt. 36 e segg. cod. civ.; 2) associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato, ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361; 3) società sportiva di capitali o cooperativa, costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro.
La differenza sostanziale tra Associazione (non riconosciuta) e Società Sportiva – con personalità giuridica – è sita nella responsabilità degli amministratori nei confronti dei terzi creditori. Nella Società sportiva l’elemento fondante è il capitale finanziario; quindi la responsabilità e’ limitata al patrimonio sociale, a differenza delle associazioni non riconosciute dove gli amministratori rispondono solidalmente anche con il patrimonio personale per i debiti dell’associazione.
L’associazione sportiva dilettantistica non riconosciuta ha una gestione amministrativo/contabile piuttosto “snella”. Non è richiesta una forma particolare per l’atto costitutivo. È molto importante, nel settore sportivo dilettantistico, la valutazione della variabile fiscale in quanto molte agevolazioni richiedono la presenza di determinati prerequisiti che devono sussistere già in fase di costituzione: uno di questi requisiti è la redazione dell’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata.
La società di capitali sportiva dilettantistica è una figura giuridica normata dall’art. 90 legge n. 289/2002. È stato osservato che si tratta di «una nuova tipologia di società di capitali che si caratterizza per le finalità non lucrative e che si inserisce nell’ordinamento giuridico come una peculiare categoria di soggetti societari. La società di capitali sportiva dilettantistica è, infatti, costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro. Tale forma giuridica può essere la naturale “evoluzione” di un sodalizio sportivo dilettantistico nato come semplice associazione tra pochi soci, senza strutture patrimoniali, ma che, con adesioni di nuovi soci e con l’ampliarsi delle esigenze dell’attività sportiva svolta, non può più essere gestito tramite le semplici forme amministrative/gestionali dell’associazione. L’incrementarsi di tali attività sportive comporta la movimentazione di disponibilità finanziarie di una certa consistenza, nonché eventuali problematiche di responsabilità civili in caso di eventi dannosi. In tali ipotesi, una forma giuridica quale quella della società di capitali appare più adeguata di quella dell’associazione non riconosciuta.
Gentile Signora,
nel prestare riscontro alla Sua cortese domanda, Le segnalo, anzitutto, che il D.P.R. 115/2002 recante disposizioni generali sul patrocinio a spese dello Stato nel processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario, all’art 74 n. 2 dispone che “è assicurato il patrocinio nel processo civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione, per la difesa del cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultano non manifestamente infondate”. L’ammissione al gratuito patrocinio è valida per ogni grado e fase del processo e per tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse ed è subordinata ad una serie di condizioni.
Il gratuito patrocinio può essere richiesto per giudizi civili, amministrativi, contabili o tributari già pendenti e per controversie civili, amministrative, contabili o tributarie per le quali si intende agire in giudizio.
L’art. 76 del DPR 115/2002 stabilisce, infatti, che può essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi, non superiore ad € 9.296,22.  Con decreto 2 luglio 2012 del Ministero di Grazia e Giustizia il predetto limite di reddito per l’ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato è stato aggiornato ad € 10.766,33.
Se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante. Dunque al raggiungimento della somma di € 10.766,33 concorrono i redditi di tutti i componenti del nucleo familiare risultanti dallo stato di famigliaPer analogia qualora il convivente more uxorio risulti nello stato di famiglia dell’istante,  lo stesso è equiparato al coniuge.
Ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero ad imposta sostitutiva. Se l’interessato all’ammissione al patrocinio convive con il coniuge (o convivente more uxorio) o con altri familiari, i limiti di reddito indicati dall’art 76, comma 1, e di cui si è detto sopra, sono elevati di € 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi.
Si tiene, invece, conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti del nucleo familiare con lui conviventi. Nel caso di controversia nei confronti di un familiare facente parte del nucleo risultante dallo stato di famiglia il reddito di quest’ultimo non è da considerare.
Quindi, posto che per le cause di successione è possibile chiedere di essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato, nel Suo caso specifico occorrerà verificare se nel Suo stato di famiglia risulta o meno il ragazzo con cui Lei convive.
In caso affermativo, ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio, dovranno essere considerati i redditi complessivi, vale a dire il Suo reddito personale e quello del Suo convivente. Diversamente, nell’ipotesi in cui, nello stato di famiglia risultasse solo Lei, potrà essere ammessa al gratuito patrocinio a condizione che il Suo reddito (inteso non solo come reddito da lavoro) non superi € 10.766,33.