Operazione di ernia inguinale ad impegno scrotale produttiva di seri danni al paziente: clinica e medici condannati al risarcimento del danno.
Rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi Lucente, la vittima di una serie di errate manovre chirurgiche coinvolgenti l’apparato uro-genitale ha trovato ristoro per i danni subiti (SENTENZA TRIB. MILANO, SEZ. I, 19.11.2019, N. 10651).
Correva il mese di luglio 2014 quando presso una nota clinica privata milanese veniva previsto un intervento chirurgico di routine nel campo dell’urologia: una ernioalloplastica inguinale sec. Lichtenstein (come riportava il relativo verbale operatorio).
Al paziente quarantanovenne, infatti, era stata fornita una indicazione chirurgica in ragione della diagnosi di “ernia inguinale destra ad impegno scrotale”.
In sede operatoria non veniva evidenziata alcuna complicanza od anomalia di sorta. Giacché il giorno seguente l’operazione il paziente veniva dimesso in buone condizioni generali e con un moderato quadro algico delimitato alla zona interessata dall’intervento.
Tuttavia, nei giorni seguenti alle dimissioni la sintomatologia dolorosa non accennava a diminuire, ma, al contrario, si acuiva sin a indurre il paziente a recarsi di sua sponte presso la medesima clinica, anticipando di fatto di alcuni giorni la visita di controllo prefissata in sede di ricovero. In quell’occasione veniva riscontrata una condizione patologica grave, tale da comportare un nuovo ricovero della durata di sette giorni, a cui sarebbero seguiti, poi, diversi mesi di terapia farmacologica di natura antalgica, antinfiammatoria ed antibiotica.
All’esito della vicissitudine occorsa, residuava in capo al paziente una condizione clinica patologica stabilizzata, la quale determinava lo stesso – ancora non capacitatosi della natura del problema che lo continuava ad affliggere – a rivolgersi al Dott. Maurizio Bruni (medico specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni nonché specialista in Chirurgia Generale – Urologia) per un’approfondita analisi della vicenda e per l’eventuale individuazione di profili di responsabilità medico-sanitaria.
Il perito, scrutinata la vicenda clinica, disposti ed ottenuti appositi accertamenti strumentali, ed attuato un esame dell’intero incartamento medico-sanitario disponibile, individuava chiari profili di responsabilità intra-operatoria nella condotta posta in essere dagli operatori chirurgici in occasione dell’intervento occorso nel luglio del 2014. La dinamica produttiva del danno biologico – spiegava il perito – trovava origine in primis in disacconce manovre operatorie, che avevano comportato per il paziente una “necrosi dell’organo, che ora appare palpatoriamente come una struttura di consistenza aumentata (fibrotica, verosimilmente) con perdita sia della componente endocrina, sia della componente spermatogenetica … [e con] una ridotta produzione di testosterone (totale ai limiti inferiori, libero ben al di sotto del minimo)”.
Il paziente si rivolgeva dunque allo Studio Legale Lucente, al quale veniva conferito mandato di intraprendere ogni azione, anche giudiziale, necessaria alla tutela dei diritti e legittimi interessi del proprio assistito, vittima di malpratica medica. La questione veniva così dapprima istruita, sia documentalmente che attraverso l’individuazione di testimoni. Veniva quindi riassunta la cronistoria; attribuito il corretto inquadramento giuridico alla vicenda; ed enucleati tutti i vividi motivi di sofferenza e disagio che avevano caratterizzavano la delicata storia del paziente.
Dopodiché – una volta rivelatisi infruttuosi i tentativi di addivenire ad un ricomponimento bonario della vertenza, al pari anche del seguente tentativo di mediazione previsto ratione temporis quale condizione di procedibilità della domanda in materia medico-sanitaria – veniva incardinato d’innanzi al Tribunale di Milano il procedimento civile finalizzato ad ottenere il ristoro di tutti i danni, alla salute ma anche economici, capitati al paziente. Ed in particolare, venivano chiamati in giudizio la clinica presso cui si era tenuto l’atto chirurgico ed i sanitari responsabili del medesimo (I° e II° operatore), con richiesta al Tribunale meneghino di una loro condanna solidale al risarcimento del danno.
Il Tribunale milanese disponeva Consulenza Tecnica medica d’Ufficio, con collegio peritale composto da un dottore specialista in medicina legale e delle assicurazioni, un dottore specialista in urologia ed un dottore specialista in chirurgia generale.
Al termine delle operazioni di accertamento, l’elaborato peritale depositato dai Consulenti del Tribunale ricalcava e confermava i tratti della difesa attorea patrocinata dallo Studio Legale Lucente, affermando che “Da tempo sono state elaborate strategie atte a ridurre il potenziale lesivo delle manovre intra-operatorie. Tra queste si annoverano:
[1] l’adozione di una tecnica chirurgica che rispetti le strutture anatomiche del funicolo, riservando ad esempio la manovra di legatura del muscolo cremastere a pochi e selezionati casi [tra cui non rientrava, però, quello di specie];
[2] l’impiego di supporti morbidi e flessibili, quali fettucce di gomma in luogo dei divaricatori di metallo quali la pinza di Bottini nella mobilizzazione del funicolo;
[3] la sezione del sacco erniario in corrispondenza dell’orifizio inguinale interno”.
Nel caso di specie, invece – hanno proseguito i Consulenti del Tribunale –: “dalla descrizione dell’atto risulta che nel corso dell’intervento furono disattese le predette raccomandazioni, ossia:
[1] fu praticata la sezione dei fasci del muscolo cremastere;
[2] si procedette con la completa dissezione del sacco erniario;
[3] per la mobilizzazione del testicolo, si fece ricorso alla pinza di Bottini”.
Di conseguenza: “l’esecuzione tecnica dell’intervento di «ernioalloplastica inguinale sec. Lichtenstein» appare censurabile”.
Inoltre il Collegio peritale dell’Ufficio confermava la sussistenza di un danno non patrimoniale e un nesso di causa intercorrente tra il danno prodotto al paziente e l’atto chirurgico (“nell’ambito del giudizio probabilistico è da ritenere che la manipolazione intraoperatoria, per quanto detto non sufficientemente cauta, delle strutture vascolari del funicolo spermatico abbia assunto ruolo causale nel determinismo del danno ischemico del testicolo destro patito”).
A fronte dell’esito peritale l’Avv. Luigi Lucente richiamava quindi l’attenzione del Giudicante sulla riconosciuta sussistenza nel caso di specie di tutti gli elementi costitutivi della domanda risarcitoria avanzata dal paziente, chiedendone, di conseguenza, l’accoglimento.
Così il Magistrato incaricato, una volta ritenuto di non dover disporre l’ammissione di ulteriori mezzi istruttori, e, quindi, di avere già a sua disposizione tutti gli elementi necessari ai fini del giudizio, dichiarava la causa matura per la decisione e concedeva i termini di rito per gli atti difensivi conclusivi.
Seguiva pertanto, come da rito, la sentenza.
Nel corpo del provvedimento decisorio il Tribunale così disponeva: “Nel merito, le domande spiegate da **** possono essere accolte … Dalle risultanze della consulenza tecnica emerge incontrovertibilmente che la condotta professionale dei sanitari **** e **** non si è conformata alle leges artis in materia… Accertata la sussistenza di una condotta colposa in capo ai sanitari, è stato condivisibilmente evidenziato come essa sia eziologicamente riconducibile al danno patito dall’attore… Per questi motivi Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando:
I. Accoglie la domanda di parte attrice e, per l’effetto, condanna la **** e i sanitari **** e **** in solido tra loro a risarcire il danno cagionato al paziente *****;
II. Condanna i convenuti ****, **** e **** in solido tra loro a rimborsare all’attore le spese di lite …
III. Pone definitivamente a carico dei convenuti ****, **** e **** le spese di Consulenza Tecnica di Ufficio del presente procedimento”.