Nell’ottobre 2009 il paziente, all’età di 36 anni, si rivolgeva a uno studio dentistico in ragione di una diffusa sensibilità dei denti posteriori agli stimoli termici e dunque di una estesa sensazione algica. Eseguita una ortopantomografia (panoramica dentale), ivi veniva preventivata la devitalizzazione pluricanalare di cinque elementi, la duplice infissione implantare all’emiarcata inferiore destra e la protesizzazione in ceramica di quattro elementi superiori a destra, cinque a sinistra, e quattro corone nell’emiarcate inferiori destra e sinistra. Nel corso del trattamento, tuttavia, la vicenda sanitaria del paziente evolveva in senso peggiorativo sino a raggiungere i connotati di un vero e proprio calvario: di volta in volta veniva prevista l’esecuzione di altri e distinti interventi; il rapporto con lo Studio si protraeva per oltre nove lunghi anni; si contavano addirittura oltre 150 incontri; il paziente medio tempore versava allo studio l’importo pari a € 16.500,00; eppure non poteva constatarsi alcun complessivo miglioramento clinico, bensì un costante peggioramento delle proprie condizioni di salute.
Nel 2018 il paziente si decideva così a interrompere le cure e sottoponeva la sua vicenda a un noto Medico Chirurgo Odontostomatologo e Consulente iscritto all’Albo del Tribunale di Milano, il quale, all’esito di un esame approfondito della vicenda e della documentazione disponibile, riscontrava l’esecuzione di molteplici trattamenti ingiustificati e inefficaci, fra cui l’avulsione immotivata dei denti dell’arcata superiore, terapie canalari malcondotte, riabilitazioni fallite, e devitalizzazioni e ricostruzioni non necessarie.
Il paziente, dunque, si rivolgeva e conferiva mandato allo Studio Legale Lucente per far valere i propri diritti. La sua posizione veniva istruita dall’Avv. Luigi Lucente mediante la raccolta e l’organizzazione dell’intero compendio documentale, e anche per il tramite di testimoni. Veniva così impostata la strategia difensiva, inquadrata la fattispecie giuridica sottesa al caso e valorizzati i postumi di carattere patrimoniale e non patrimoniale emergenti.
Lo Studio Legale intraprendeva anche un tentativo stragiudiziale finalizzato al componimento bonario della vertenza, tuttavia non coltivato dai soggetti contattati.
Veniva, altresì, incardinato il relativo procedimento di mediazione – condizione di procedibilità in materia sanitaria ex D.Lgs. 28/2010 – senza tuttavia trovare disponibilità avversaria in chiave conciliativa.
Veniva quindi instaurato il giudizio civile innanzi al competente Tribunale di Monza. I soggetti citati erano lo studio dentistico (la società in accomandita semplice e il socio accomandatario) e il medico che in principalità aveva seguito il paziente. Avverso costoro veniva formulata domanda di risarcimento, in solido, per il danno non patrimoniale da lesione dell’integrità psico-fisica patito dal paziente, a connotazione sia permanente e sia temporanea, oltreché il danno patrimoniale futuro per le spese mediche che si sarebbero rese necessarie. Nei confronti dello studio dentistico, inoltre, veniva spiegata domanda di restituzione dei compensi indebitamente versati, stante l’inadempiente prestazione sanitaria resa. Lo Studio legale avanzava, altresì, domanda di rimborso di spese legali, peritali e processuali, nonché richiesta di voler sanzionare l’indisponibilità avversaria a una risoluzione amichevole della vicenda con la condanna a una somma aggiuntiva per resistenza temeraria ex art. 96 u.c. c.p.c.
Lo Studio legale Lucente seguiva il paziente in tutte le successive fasi della causa civile. Nel corso del procedimento veniva disposta Consulenza Tecnica d’Ufficio, con nomina di un Collegio peritale composto da uno Specialista in medicina legale e delle assicurazioni e uno Specialista in odontostomatologia. Alla conclusione dell’indagine medica i Periti dell’Ufficio riconoscevano ingenti responsabilità in capo a tutti i soggetti convenuti. Costoro individuavano un danno da lesione alla integrità psico-fisica a carattere permanente nella percentuale del 9%, contestato dall’Avv. Luigi Lucente giacché ritenuto incongruo riguardo all’effettivo pregiudizio patito rispetto alla relativa voce di cui alla perizia di parte attorea e pari alla maggior misura del 15%: come si preciserà infra il Tribunale avrebbe poi assecondato la prospettazione della Difesa attorea su questo importante punto riconoscendo un danno da invalidità permanente in maggior misura rispetto a quella indicata dai CTU.
In data 31.05.2023 veniva pubblicata la SENTENZA N. 1295/2023 del Tribunale di Monza di integrale accoglimento delle pretese risarcitorie del paziente e condanna di tutti i convenuti al risarcimento del danno provocato.
Nel merito, si legge nella parte motiva del provvedimento che: “In quanto agli errori professionali, il collegio peritale ha rilevato terapie canalari malcondotte con insufficiente riempimento canalare, e conseguente formazione di lesioni endodontiche periapicali, immotivata avulsione di tutti i denti dell’arcata superiore e all’arcata inferiore dei primi molari destro e sinistro, del terzo molare destro, fallimento della riabilitazione eseguita” con “deficit sia in fase di pianificazione terapeutica che di realizzazione delle cure”. Il Tribunale di Monza ha riconosciuto “che vi siano stati inadempimenti colposi imputabili ai convenuti” e ha statuito: “Al paziente sono stati tolti complessivamente sedici denti e, quattordici di questi, del tutto immotivatamente rendendo il giovane paziente totalmente edentulo all’arcata superiore. Sono stati rimossi denti sani che avrebbero potuto fare valido pilastro per impianti”.
Quanto all’approccio terapeutico e alle modalità di gestione e indirizzo del paziente, il Giudicante ha reso una divagazione fuor di metafora dal piglio assai severo: “E’ opportuno ricordare che il paziente non ha solitamente le conoscenze che gli permettano di sapere se un dente sia sano oppure richieda una terapia endodontica o una estrazione e deve necessariamente affidarsi alle competenze ed all’onestà del dentista… Purtroppo nel campo odontoiatrico vi è un interesse economico, in capo ai medici – non così pervasivo in altri settori -, in quanto più estrazioni e terapie canalari sono eseguite, più aumentano i guadagni sia per il costo delle terapie in sé sia per il costo delle conseguenti soluzioni protesiche”.
Quanto al ristoro del pregiudizio patito dal paziente, il Tribunale riconosceva anzitutto un copioso “periodo di inabilità temporanea” pari a “giorni 60 al 50%, 90 al 25% e 120 al 10%, oltre a quota di inabilità temporanea legata alle cure future … pari a 15 gg al 50%, 20 al 25% e 20 al 10% relativo ai disagi e alle sofferenze”, con applicazione del massimo valore tabellare.
Circa il pregiudizio all’integrità psico-fisica a carattere permanente subito dal paziente, il Tribunale premetteva che “Il collegio ha sommato i punti di invalidità attribuiti singolarmente a ciascun dente ed ha ridotto il punteggio a motivo della possibilità di una riabilitazione protesica” concludendo per un danno permanente del 9%, per poi statuire: “Il Tribunale tuttavia ritiene che la …indicazione del punto di 9% non consideri tutti gli aspetti del danno e che si debba riconoscere una lesione permanente nella percentuale del 14%”. Infatti, il Collegio peritale “ha errato nell’interpretazione della norma, applicando una riduzione nella misura di 1/3” in quanto “Appare interpretazione preferibile… provvedere ad un pieno risarcimento di lesioni protesizzabili particolarmente nei casi, come quello oggi in esame, di un soggetto di giovane età e di dentatura sana. Ritenere che una riduzione che debba necessariamente essere applicata ogniqualvolta sia possibile applicare una protesi comporterebbe ridurre i casi di risarcimento “pieno” a marginali ipotesi di gravissima compromissione ossea, essendo altrimenti sempre possibile l’applicazione di una protesi”.
Inoltre, con riferimento all’azione di ripetizione dei compensi versati allo studio dentistico, il Tribunale ha ritenuto l’iniziativa del paziente meritevole di accoglimento, e “provato l’effettivo pagamento di corrispettivi per € 16.500,00”. Di questi, però, “€ 5.190,00 rappresentano il controvalore di opere utilmente prestate” – si legge in sentenza – sicché al paziente veniva riconosciuto in restituzione il residuo importo pari a € 11.310,00.
In ordine, poi, al danno patrimoniale per spese mediche future, l’Autorità Giudicante riteneva fondata anche questa pretesa risarcitoria del paziente, e, all’uopo, riconosceva la somma di € 16.000,00.
Infine, con riferimento alla richiesta di voler sanzionare ex art. 96 u.c. c.p.c. la condotta temeraria e defatigatoria delle controparti, il Giudicante valutava complessivamente il comportamento giudiziale e stragiudiziale tenuto dai convenuti (studio dentistico e sanitario), e, condividendo anche tale iniziativa del paziente, condannava gli stessi al pagamento di un ulteriore importo commisurato “in via equitativa” e pari alla “somma simbolica di € 2.000,00 per parte”.
Per l’effetto, il Tribunale di Monza, definitivamente pronunciando, con sentenza provvisoriamente esecutiva:
- condannava tutti i convenuti, in solido fra loro e nei rapporti interni al 50% fra lo studio e il professionista, al pagamento in favore del paziente della somma di € 51.465,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale per lesione dell’integrità psico-fisica, oltre interessi legali dall’01.01.13;
- condannava la società e il socio accomandatario alla restituzione al paziente di compensi percepiti per € 11.310,00, oltre interessi legali e rivalutazione dall’01.01.13;
- condannava tutti i convenuti, in solido fra loro e nei rapporti interni al 50% fra lo studio e il professionista, al pagamento in favore del paziente della somma di € 16.000,00 per le spese mediche future che si renderanno necessarie;
- poneva a carico di tutti i convenuti, in solido fra loro e nei rapporti interni al 50% fra lo studio e il professionista, il costo dei periti dell’Ufficio e tutte le spese peritali di parte, processuali e legali del procedimento civile e della procedura di mediazione forense;
- infine, condannava tutti i convenuti al pagamento di € 2.000,00 ciascuno “a titolo di sanzione ex art. 96 terzo comma c.p.c.”.
Dal Tribunale di Monza, in definitiva, è pervenuta una decisione esemplare e di dura condanna dell’operato del medico e dello studio dentistico coinvolti, atta a rendere finalmente giustizia a un paziente vittima di un così lungo e doloroso caso di malasanità.