La canzone Zum Zum Zum che Mina presentò nel 1967 durante il varietà televisivo “Sabato sera” in onda sul programma nazionale iniziava con questa frase : sarà capitato anche a voi!…
Lunghi ed estenuanti i tempi di attesa per ottenere un risarcimento giusto dall’assicurazione in caso di sinistro stradale.
Il Dr. Alessio Liberati, Giudice Unico presso il Tribunale di Tivoli, con una recente sentenza (la n. 2428/2015) che – per quanto andremo a spiegare – può definirsi “esemplare” ha deciso per : … ora basta!
Il caso in esame è la storia di un giovane che in data 13.06.2007 mentre attraversava a piedi una via cittadina in un tratto privo di strisce pedonali veniva investito da una macchina (Fiat Punto) proveniente ad alta velocità ( e, in ogni caso, inadeguata alla situazione di assenza di illuminazione). Subentrava da dietro una seconda autovettura (Audi A4) che tamponava la prima spingendola a salire sulla vittima con la scocca.
Immediatamente soccorso, il giovane veniva trasportato con urgenza in ospedale e ivi sottoposto ad intervento chirurgico.
Si legge nella documentazione medica di: “Esiti di trauma cranico facciale con frattura dei due incisivi inferiori mediali ed incisivo superiore mediale destro con cicatrice vestibolare labbro inferiore. Esiti di pregressa lesione epatica trattata chirurgicamente. Esiti di contusione polmonare e di fratture anteriore della costa VI e VII sinistra. Esiti di frattura pluriframmentata del femore destro trattato chirurgicamente con riduzione e sintesi mediante chiodo endomidollare, consistenti in limitazione dei gradi estremi della coxo-femorale e cicatrici chirurgiche”.
Nei mesi successivi fu costretto ad una lunga riabilitazione.
Nulla ricevendo a titolo di risarcimento per i gravi danni riportati, il pedone si rivolgeva al Tribunale di Tivoli.
Quanto alla responsabilità per il Tribunale, la causa del sinistro era da addebitare per il 95% alla prima autovettura che aveva investito la vittima che attraversava la carreggiata per la velocità “certamente non adeguata alla situazione di assenza di illuminazione” e solo in via marginale (il 5%) al veicolo sopraggiunto che, solo in un secondo momento, tamponava la vettura incidentata e cagionava la salita di questa sulla vittima, con la scocca.
Per il danno riportato, debitamente documentato dalla CTU, espletata in corso di giudizio, veniva liquidato un risarcimento per il pedone infortunato di oltre 213mila euro con personalizzazione massima.
Anche le spese a favore dell’avvocato difensore del ragazzo venivano stabilite nella misura massima ( posta la complessità del giudizio e del valore vicino al massimale massimo) di € 25.000,00 oltre accessori di legge e rimborso spese generali 15% e poste – anche queste – a carico delle assicurazioni adite (titolari del contratto assicurativo con i proprietari delle vetture).
Ma l’eccezionalità di questa sentenza e in queste righe che seguono:
“Devono inoltre essere condannate le compagnie assicuratrici al pagamento delle spese aggravate per lite temeraria, in quanto è evidente che hanno resistito in giudizio senza aver liquidato il danno che, stante le competenze delle compagnie, certamente era ben noto alle parti. Nella rappresentazione dei fatti, inoltre, hanno enfatizzato elementi del tutto trascurabili o addirittura equivoci. Ad esempio – spiega il Giudice nel provvedimento – che le compagnie avevano insistito negli atti nel sostenere che il pedone aveva attraversato “ al di fuori di strisce pedonali” quando in realtà sapevano che quel tratto di strada era privo di strisce pedonali! E quindi si poteva semmai solo parlare di “assenza di strisce” e con ciò evitando di strumentalizzare la circostanza lasciando intendere che il pedone avesse una corresponsabilità.
Il Giudice ha , altresì, puntato il dito contro le Compagnie di Assicurazione ritenendo che le stesse avessero tergiversato negando il giusto risarcimento approfittando dello status [del ragazzo danneggiato] di straniero senza fissa dimora [ che ] è notoriamente elemento che gioca a sfavore della vittima (che difficilmente avrà accesso alla giustizia), come certamente noto alle compagnie assicuratrici.
Per tale ragione si stima equo condannare ogni compagnia assicuratrice a pagare una somma pari al quadruplo delle spese legali (€ 100.000,00), in favore di parte attrice, ex art. 96 u.c. cpc. Del resto l’istituto delle spese aggravate è strumento finalizzato a disincentivare le cause defatigatorie e strumentali e deve essere parametro alla capacità ed alla forza giuridica della parte ed alla posizione di vantaggio che la parte colposamente resistente vanta nei confronti dell’avente ragione.
In proposito non può sottacersi l’esistenza di un enorme contenzioso (che rallenta ulteriormente la giustizia) che vede soccombenti le compagnie assicuratrici e che è generato – con tutta evidenza – da intenti defatigatori delle compagnie assicuratrici stesse, nel palese tentativo di indurre le parti ad accettare somme inferiori al dovuto in tempi brevi o, al contrario, dover sottostare ai lunghi tempi della giustizia e, non da ultimo, al rischio di errori processuali. La tolleranza di tali comportamenti si tradurrebbe, inevitabilmente, in un vantaggio economico che, in un’ottica imprenditoriale, è destinato sempre e comunque ad alimentare il contenzioso, stante gli evidenti vantaggi che per l’impresa assicurativa ne derivano.”