Fosse successo a Venezia sotto il Ponte di Rialto probabilmente nessuno si sarebbe scandalizzato; ma siamo, invece, in un’altra città del nord Italia, dove le strade sono fatte di cemento e, normalmente, la barca non serve.
Vi raccontiamo la storia di un cliente dello Studio legale Lucente che, all’esito di un processo, ha visto soddisfatte le proprie pretese, e cioè riconosciuto il diritto al risarcimento di tutti i danni subiti per essere rimasto intrappolato a bordo del proprio autoveicolo in un sottopasso allagato.
Erano le 05.19 di mattina del 26 luglio ed era ancora buio quando il Sig. G.M., a bordo di un’auto Audi Q7, imboccava il sottopasso di un’importante arteria cittadina e tutt’a un tratto si ritrovava immerso nell’acqua ivi accumulatasi per la pioggia caduta durante la notte. La macchina si spegneva e il G.M. si ritrovava bloccato all’interno del sottopasso allagato, insieme ad un altro malcapitato che conduceva un taxi che, appena dietro, seguiva l’autoveicolo di G.M. e che, a sua volta, non riusciva ad evitare l’evento sinistroso.
Sul luogo accorrevano i Vigili del Fuoco, che, tramite l’ausilio di un verricello, trainavano la vettura di G.M. all’asciutto e prestavano soccorso anche all’altro mezzo rimasto in panne.
A seguito dell’infelice vicenda, il Sig. G.M. (conducente del veicolo in questione) si rivolgeva, come detto, allo Studio Legale Lucente per vedere tutelati i propri diritti, e quindi risarciti i danni provocati all’auto rimasta “incagliata” nel sottopasso.
Il 09.02.2015 veniva così regolarmente notificato atto di citazione al Comune ed instaurato il procedimento dinnanzi all’Autorità Giudiziaria. Le pretese attoree erano rivolte a veder dichiarare responsabile il Comune dei danni cagionati al veicolo Audi Q7, per non avere questa pubblica amministrazione provveduto alla manutenzione e alle altre opere derivanti dalla custodia della cosa pubblica, di cui è responsabile ai sensi dell’art. 2051 c.c. (“Ciascuno è responsabile delle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”), e quindi vederla condannare al risarcimento del danno derivante.
La convenuta amministrazione comunale si costituiva tempestivamente e, in primis, adduceva a propria discolpa l’eccezionalità del fronte temporalesco costituente – a suo dire – caso fortuito; secondariamente, incolpava dell’evento il conducente Sig. G.M., il quale – a detta del Comune – avrebbe dovuto essere in grado di evitare l’evento e quindi (ai sensi dell’art. 1227 c.c.) ne avrebbe dovuto pagare lui stesso le conseguenze; e, infine, chiamava, comunque, in causa la Società incaricata della manutenzione del sottopasso che – sempre a detta del Comune – sarebbe stata inadempiente, con particolare riferimento al mancato spurgo dei chiusini di smaltimento delle acque piovane.
Nella fase istruttoria del giudizio venivano esperiti interrogatorio formale del Sig. G.M., audizione testimoniale di uno dei Vigili del Fuoco intervenuti quella mattina, nonché audizione di un testimone oculare accorso sul luogo del sinistro subito dopo l’evento. E così, una volta ritenuta la causa matura per la decisione, in data 14 luglio 2016 il Giudice giungeva al verdetto (depositato in cancelleria in data 22 ottobre e avente numero 9701/2016).
In prima battuta, in merito alla responsabilità dell’amministrazione comunale per la custodia del sottopasso, il Giudice ha ritenuto che: “Il Comune di [omissis], allorquando si tratta di zone sensibili di tratti viari, […] ha il dovere di porre in essere le dovute cautele, pertanto la fattispecie per cui è causa è senz’altro riconducibile all’alveo di responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. […] L’avvenuto nubifragio, iniziato peraltro fin dalla sera precedente, non esime l’Amministrazione Comunale dagli obblighi incombenti ex art. 2051: le precipitazioni meteoriche violente e concentrate per quantità di acqua riversata sono ormai da qualche anno, in certe stagioni, assai frequenti e non fatti eccezionali”.
Nessun accoglimento, peraltro, hanno trovato le pretese del Comune nei confronti della Società incaricata della manutenzione del sottopasso: “Non sono emersi neppure profili di responsabilità ascrivibili alla terza chiamata, atteso che il teste vigile del fuoco precisava di non aver riscontrato particolari problematiche sul deflusso delle acque, né vi sono stati interventi o richieste per intervenire sugli scarichi malfunzionanti di quel tratto”.
A questo punto non ci si può però esimere dal precisare come la fattispecie de qua costituisca un comune esempio di ciò che in diritto viene chiamato “trabocchetto” o “insidia”.
Buche, basoli sconnessi, manto stradale sdrucciolevole, gradini ‘invisibili’, addirittura tombini aperti; sono tutti esempi di insidie stradali che possono costituire un pericolo per il cittadino, così come allo stesso modo un sottopasso allagato può costituirlo per un ignaro automobilista. In ogni caso, le caratteristiche di un’insidia si devono ricercare nella imprevedibilità soggettiva e nella invisibilità: la differenza cromatica del sanpietrino fuori posto, la segnaletica stradale, una buona illuminazione notturna, fra le altre cose, possono così risultare fondamentali per la qualificazione del sinistro come insidia o trabocchetto. Nel caso de quo, questi elementi possono rilevare ai fini del concorso di colpa del conducente Sig. G.M. che, secondo il Comune, avrebbe dovuto/potuto prevedere l’allagamento del sottopasso, avrebbe dovuto/potuto avvedersi del crescente livello dell’acqua e, in sostanza, avrebbe dovuto/potuto evitare l’evento dannoso. Il Giudice, analizzati i fattori rilevanti e le circostanze del caso concreto, portate alla Sua attenzione dalla Difesa del Sig. G.M., ha così deciso: “La condotta di guida in questi casi può dipendere da vari fattori, né si può pretendere che le persone adottino la migliore condotta di guida in assoluto, giacché i tempi di reazione di ognuno sono diversi e variano anche dal grado di avvistabilità dell’insidia, che è rimasta un dato incerto, ovvero dalla possibilità di valutare effettivamente la percorribilità del tratto, sia pur allagato, calcolando il livello dell’acqua, ma va tenuto conto del comportamento di un utente medio ed in questo caso perfino il taxi guidato da un professionista non riusciva ad evitare l’insidia”.
Insomma, il Giudice, per questi motivi: “Accertata e ritenuta la responsabilità del Comune di [omissis], ex art. 2051 lo condanna al risarcimento del danno…”.
Nel caso di specie, il Comune è stato ritenuto responsabile, in quanto, avendo l’obbligo di custodire la strada, avrebbe dovuto immediatamente porre rimedio all’insidia venutasi a creare e, altrettanto, immediatamente avrebbe dovuto segnalare chiaramente il pericolo agli ignari automobilisti. Poiché tutto ciò non è avvenuto e non è stato pertanto dimostrato in giudizio, il Comune è stato condannato.