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Intervento di riallineamento rotuleo non indicato e dannoso. Risarcimento alla paziente per i danni fisici subiti e per la mancata e distorta informazione resa dai sanitari.

La paziente – rappresentata dall’Avv. Luigi Lucente, coadiuvato dal consulente tecnico di parte Dott.ssa Anna Carla Pozzi, specialista in ortopedia – nel 2013, aveva chiesto giustizia al Tribunale di Lucca perché, innanzitutto, venisse accertata la responsabilità di un ortopedico toscano, professore di fama nazionale, all’epoca operante presso una struttura sanitaria del territorio, per averla sottoposta, nel 2008, ad un intervento a “cielo aperto” di “riallineamento rotuleo”, diverso da quello di “artroscopia di ginocchio”, che le era stato suggerito come indicato per il suo problema di salute (sofferenza osteocondrale dei condili femorali) e per cui, in qualità di paziente, era stata informata e aveva prestato il consenso all’operazione.

La paziente, quindi, era stata informata che sarebbe stata sottoposta ad un certo tipo di intervento in artroscopia, mentre al risveglio dall’anestesia scopriva di essere stata trattata con un bisturi per un’alterazione a carico della rotula che sconosceva.

Purtroppo, tale diverso trattamento chirurgico oltre che del tutto inutile era stato anche dannoso, avendo cagionato alla paziente un’invalidità finale del 18%, in altri termini rendendola zoppa all’età di 26. Conseguentemente, quest’ultima pretendeva di essere risarcita per tutti i danni subiti, alla salute e per la mancata prestazione di un consenso informato all’intervento cui era stata sottoposta.

Dopo un processo durato ben 4 anni – durante i quali, la struttura sanitaria che aveva deciso di partecipare al processo (i sanitari invece erano rimasti contumaci) si era difesa sostenendo che la paziente fosse portatrice anche di un’alterazione a carico della rotula (in particolare di una sublussazione rotulea del ginocchio sinistro), che, a suo dire, giustificava il trattamento chirurgico effettuato – con la sentenza n. 1278/2017 del 17 giugno 2017 (pubblicata il 22 giugno 2017), il Tribunale di Lucca, nella persona del Giudice Dott.ssa Alice Croce, ha dato pienamente ragione alla paziente e ha condannato ospedale e medici a pagarle un importante risarcimento, motivando la decisione in questi termini:

“L’espletata consulenza specialistica permette di valutare la sussistenza della responsabilità medica in capo ai chirurghi che ebbero ad operare […].

Le evidenze documentali fanno riferimento a due patologie distinte e non connesse: la sofferenza osteocondrale dei condili femorali e la sublussazione rotulea del ginocchio sinistro. Nella prospettazione attorea, la patologia della quale era affetta S.B. era solo la prima e solo in relazione a questa ella avrebbe prestato il proprio consenso informato, talchè l’intervento eseguito dovrebbe ritenersi inutile e dannoso. Simile prospettazione è stata confermata dal tecnico incaricato dall’ufficio. […]

L’intervento eseguito deve dunque considerarsi frutto di negligente e imperita diagnosi del caso concreto, tanto che nessun miglioramento è derivato alla problematica osteocondritica originaria, risultata immodificata.

Dato il carattere invasivo dell’intervento, definito dal c.t.u. come destruente e foriero di importanti complicanze, S.B. ha subito danni patrimoniali e non, che devono essere risarciti.

La responsabilità risarcitoria grava su tutti i convenuti in solito. In particolare mentre i chirurghi che hanno operato la paziente rispondono per il fatto proprio, l’azienda sanitaria risponde per il fatto degli ausiliari ai sensi dell’art. 1228 c.c.

Venendo all’esame delle istanze risarcitorie, è opportuno analizzare partitamente le voci azionate. Certa è la sussistenza di un danno biologico […]

All’attrice deve essere poi riconosciuta una personalizzazione del danno, per la modificazione che ne è conseguita alle attività della vita relazionale, che è circostanza ritenibile in via presuntiva, avendo accertato il c.t.u. la negativa incidenza, nella misura del 30% sulle attività motorie che presuppongano validità funzionale degli arti inferiori […].

Quanto alla invocata lesione del diritto di autodeterminazione della paziente , a causa della mancata prestazione di un consenso informato alla sottoposizione all’intervento e, quindi, dell’impedimento ad una scelta terapeutica consapevole, […] è da ritenersi che il relativo diritto sia stato leso, a causa dell’inadempimento contrattuale dei sanitari convenuti, che hanno acquisito il consenso informato dalla paziente solo per l’intervento di artroscopia, come risulta dal modulo sottoscritto contenuto in cartella clinica. Né una prova documentale può essere smentita dall’escussione testimoniale chiesta dall’azienda sanitaria […] Deve essere pertanto riconosciuta la lesione del diritto all’autodeterminazione personale, quale diritto di disporre del proprio corpo scegliendo consapevolmente, perché pienamente informati, a quali trattamenti sanitari sottoporsi, quale diritto autonomo e distinto rispetto a quello alla salute e meritevole di autonomo risarcimento. Costituisce massima giurisprudenziale consolidata quella secondo cui il consenso informato attiene al diritto fondamentale della persona all’espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico (Corte Cost. sent. 438/2008) e quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente (Cass. Sent. 12830/2014) atteso che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento se non per disposizione di legge (art. 32, comma 2 Cost.). Il trattamento medico terapeutico ha viceversa riguardo alla tutela del diverso diritto fondamentale alla salute (art. 32, comma 1 Cost.). Quanto alla liquidazione è da ritenersi che tale pregiudizio che trova idonea collocazione nel risarcimento del danno non patrimoniale complessivamente patito dal soggetto, possa essere adeguatamente ristorato procedendo ad un’ulteriore personalizzazione del danno biologico tramite un incremento pari al 25%. Ciò al fine di assicurare l’integralità del risarcimento del danno non patrimoniale subito, principio che impone al giudice di accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, individuando quali ripercussioni si siano verificate sulla persona e provvedendo alla loro integrale riparazione. […]”.