Pubblicato sul sito www.7giorni.info
Avvocato, buongiorno.
Leggendo una sua risposta in merito alle sentenze di divorzio, mi ha colpito la frase “separazione ininterrotta per 3 anni”. Io sono separato con sentenza da 3 anni (ma vivo fuori casa da quasi 5) ma in questi 3 anni, per necessità dei figli (2), ho saltuariamente dormito a casa della mia ex moglie. Inevitabilmente qualche volta è scappato un accenno di riavvicinamento (lei ha un compagno da circa 2 anni), questa, potrebbe essere usata come scusa per non concedermi il divorzio?
Quali potrebbero essere le soluzioni? Io ora ho una compagna con la quale vorrei un giorno sposarmi e per questo motivo stavo iniziando ad informarmi per l’eventuale divorzio. La ringrazio e la saluto cordialmente.
Mario
Gentile Mario,
l’art. 3, n. 2 lettera b) della Legge 1 dicembre 1970 n. 898 (e successive modifiche), nel disciplinare una delle ipotesi in cui il coniuge è legittimato a chiedere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, noto comunemente come divorzio, prevede testualmente che: “[…] per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno tre anni a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale. L’eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta“.
Non vi è dubbio che l’avverbio “ininterrottamente“, considerato letteralmente, può legittimare diverse perplessità, a maggior ragione in un contesto complesso come i rapporti personali caratterizzati da implicazioni di carattere sentimentale in cui non sempre tutto è o “nero o bianco”.
Proprio per questo La ringrazio della sua domanda che mi dà l’opportunità di affrontare un aspetto del diritto di famiglia di indubbia rilevanza, e cioè la riconciliazione fra i coniugi: quando lo stato di separazione può ritenersi interrotto e quindi non idoneo per la pronuncia del divorzio???
Alla riconciliazione dei coniugi, la disciplina codicistica dedica solo due articoli, il 154 e il 157.
In particolar modo quest’ultimo prevede che: “i coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza che sia necessario l’intervento del giudice, con un’espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione. La separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione“.
Il dettato normativo, tuttavia, come è evidente, non è sufficiente da solo a fornire una risposta immediata alla nostra domanda, per ottenere la quale è necessario considerare la giurisprudenza in tema.
È un dato di fatto che per riconciliarsi sia necessario un effettivo ripristino della vita coniugale, che si determina mediante la ripresa dell’intero complesso di rapporti che caratterizzano il consorzio familiare, quindi non solo di quelli che concernono l’aspetto materiale del matrimonio, ma anche quelli che sono alla base della comunione spirituale dei coniugi, intesa quale “animus di riservare al coniuge la posizione di esclusivo compagno di vita e di adempiere ai doveri coniugali” (Cass. Civ. Sez. I, 24 marzo 1983 n. 2058 in De Jure on line 2012).
Consegue che, secondo i Giudici della Suprema Corte, perché ricorra un’ipotesi di riconciliazione è indispensabile una chiara ed effettiva volontà di restaurare una vita insieme, che deve manifestarsi con elementi esteriori oggettivi e accertabili che prevalgono sulla sfera dei sentimenti: non basta, infatti, la convinzione e il sentimento di uno dei due coniugi, ma è necessario un comportamento concludente, perdurante e inequivocabile da parte di entrambi alla ricostituzione della comunione coniugale (Cass. Civ. Sez. I, 01 agosto 2008 n. 21001; Cass. Civ. Sez. I, 25 maggio 2007 n. 12314).
Sulla scia di questo insegnamento di carattere generale, ad esempio, la ripresa della convivenza, in via sperimentale e per un breve periodo, pur possedendo un innegabile valore presuntivo non è stata ritenuta dalla giurisprudenza sufficiente, di per sé, a concretare un’ipotesi di riconciliazione (Corte Appello Roma, 16 marzo 2011 n. 1148; Tribunale di Trani, 03 agosto 2007 n. 620; Cass. Civ. Sez. I, 06 ottobre 2005 n. 19497).
Analogamente, secondo la giurisprudenza, non interrompono la separazione, di per sé sole, le manifestazioni di buona volontà da parte di un coniuge con doni, elargizioni di denaro ed esecuzione di opere nella casa coniugale, né il fatto che il marito, pur vivendo in un’altra città e con un’altra donna, torni in famiglia per i fine settimana provvedendo in tali occasioni con la moglie all’educazione dei figli.
Non ha, inoltre, ugualmente effetto riconciliativo la riunione dei coniugi durante i fine settimana ed in occasione delle vacanze, così come l’assistenza prestata al coniuge separato bisognoso di cure e non rappresenta ripristino della vita coniugale neppure una sporadica ripresa dei rapporti sessuali, persino con conseguente nascita di un figlio, senza altre manifestazioni di perdono e affetto (Cass. Civ. Sez. I, 17 novembre 1983; Cass. Civ. sez. I, 06 marzo 1979 n. 1400; Cass. Civ. Sez. I, 16 ottobre 2003 n. 15481; Tribunale di Napoli, 28 novembre 2002).
Sempre il Tribunale di Napoli ha, invece, ravvisato i presupposti di cui all’art. 157 del Codice Civile, in un’altra sentenza del 19 marzo 1991 riportata nella banca dati giuridica De Jure 2012, in cui ha individuato i rapporti tipici della convivenza coniugale (e quindi della riconciliazione) – congiuntamente – nella coabitazione, nella pratica di rapporti sessuali, nel ricevimento di amici comuni nella propria abitazione, nelle visite agli amici, nel soggiorno in località di vacanza, nel fine settimana, nelle preoccupazioni e le attenzioni per l’atro coniuge.
In conclusione e per rispondere al suo quesito, in base a quanto mi ha raccontato, non ritengo sussistano i presupposti necessari per ritenere interrotta la sua separazione, a maggior ragione in considerazione del fatto che entrambi avete un compagno con cui intrattenete una nuova relazione (Cfr. in tal senso sempre Cass. Civ. Sez. I, 06 ottobre 2005 n. 19497) e, quel che più conta, non avete assunto comportamenti tali da far oggettivamente presumere la volontà di ricostruire il vostro nucleo originario familiare.
Ad ogni buon conto, per completezza, Le preciso, altresì, che qualora la sua ex moglie dovesse decidere di utilizzare i vostri sporadici riavvicinamenti come scusa per rifiutarLe il divorzio, come avevo già spiegato al gentile lettore Francesco, il divorzio non si concede, ma si ottiene e, nel caso che ci occupa, sarebbe comunque compito della sua ex moglie dimostrare la cessazione o l’interruzione dello stato di separazione, mentre per quanto la riguarda Le sarà sufficiente produrre il provvedimento dell’Autorità Giudiziaria (sentenza o decreto di omologazione della separazione) attestante il decorso dei tre anni previsto dalla legge.
Spetterà, poi, al Giudice di merito, di fronte ad un’eventuale eccezione in tal senso da parte della sua ex moglie, l’accertamento o meno del ripristino del consorzio familiare.