Due coniugi citavano in giudizio la proprietaria dell’appartamento condominiale sito al piano sottostante la loro proprietà adducendo che il latrare di un cane proveniente da tale appartamento eccedeva i limiti della normale tollerabilità.
Pare che il cane di grossa taglia venisse dalla padrona tenuto costantemente chiuso all’interno dell’appartamento e che, lasciato solo ed incustodito per gran parte del giorno e della notte, abbaiava, ululava e guaiva incessantemente sia nelle ore diurne che nel cuore della notte.
Il Giudice di pace di Pietrasanta dopo aver verificato l’asserita circostanza e preso atto del divieto contenuto nel regolamento condominiale di ospitare negli appartamenti animali che dessero molestia, ordinava alla convenuta di far di tutto per prevenire le possibili “cause di eccitazione del cane, soprattutto nelle ore notturne …” così da ridurre la molestia arrecata.
Tale sentenza, non essendo stata impugnata nei termini concessi dalla legge, passava in giudicato e diventava definitiva.
Come tutte le vicende che riguardano beghe di vicinato – che a dire il vero a volte esasperano più di altre perché costantemente “sotto gli occhi” o meglio dire, in questo caso, “orecchi” – non si esauriscono con un semplice richiamo: così la coppia di coniugi asseritamente danneggiata ricorre al Tribunale di Lucca, competente per valore, per sentire condannare la vicina di casa proprietaria del cane a pagare un giusto risarcimento del danno subito.
I due coniugi denunciano, infatti, un “ intollerabile turbamento del bene della tranquillità” ed una “ persistente lesione del diritto alla salute” che si era tradotta nell’insorgenza di “ disagi di natura psico-fisica dovuti all’impossibilità di dormire un adeguato numero di ore, di rilassarsi al ritorno dal lavoro, di svolgere una normale e serena vita familiare e di relazione”.
Con sentenza n.40 del 10 gennaio 2014 il Tribunale di Lucca ha così deciso:
“….La domanda degli attori è fondata e va accolta.
E’ stato accertato, con sentenza del Giudice di pace di Pietrasanta n. 276_/09 in data 10/20 aprile 2009, che le immissioni di rumore nell’appartamento di proprietà degli attori provocate dall’abbaiare continuo del cane nell’appartamento di proprietà della convenuta, sottostante a quello degli attori, superavano la normale soglia di tollerabilità, in quanto l’abbaiare del cane non era occasionale, ma continuo sia di giorno che di notte, talvolta anche fino a tarda ora, e l’immissione rumorosa conseguente era estremamente fastidiosa, come riferito concordemente dai vari testimoni ascoltati dal giudice di pace e risultante altresì dalla mancata risposta della convenuta all’interrogatorio formale alla stessa deferito (v. sentenza prodotta dagli attori, doc. 1). Dunque, non essendo stata impugnata la citata sentenza ed essendo divenuta irrevocabile (circostanza non contestata), non può più mettersi in discussione quanto dalla medesima sentenza accertato, cioè l’intollerabilità ex art. 844 c.c. delle immissioni di rumore provenienti dall’appartamento della [ convenuta].
Ciò detto, quanto all’azione risarcitoria proposta in questa sede dagli attori, dopo che il Giudice di Pace di Pietrasanta si era dichiarato incompetente per valore sulla stessa (v. sentenza cit, pag. 2), la domanda appare fondata risultando provato che, in conseguenza delle immissioni rumorose subite, [ i coniugi attori]abbiano riportato danni alla loro integrità psico-fisica, risarcibili ai sensi dell’art. 32 Cost. e art. 2059 c.c.
Invero, si rientra in tal caso nello schema dell’azione generale di risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c. (Cass. 5844/2007) e, trattandosi di danno che incide su un diritto inviolabile della persona, il superamento dei limiti di tollerabilità delle immissioni può essere apprezzato quale danno ingiusto, oltre che a fini inibitori, a fini risarcitori, unitamente alla presenza degli altri elementi del giudizio aquiliano (Trib. Milano 23 settembre 2008).
Quanto alla presenza degli altri elementi di cui all’art. 2043 c.c., la ricorrenza nella specie di una condotta colposa della convenuta si ricava, a parere di questo Giudice, dalla sentenza n. 276/09 del Giudice di Pace di Pietrasanta sopra richiamata, laddove in questa si accertano l’abbaiare continuo del cane anche in ora notturna nell’appartamento della convenuta e le conseguenti immissioni di rumore molto fastidiose nell’appartamento degli attori, eventi che non possono non ascriversi ad un comportamento negligente ed imprudente della [ convenuta], che lasciava il cane da solo nel suo appartamento anche nelle ore notturne senza curarsi dei pregiudizi arrecati ai suoi vicini dal continuo abbaiare dell’animale.
Circa il nesso causale tra immissioni di rumore e danni patiti dagli attori, sul punto si è espresso il C.T.U. Dr. … con dovizia di argomenti, che possono così riassumersi: solo quando i rumori superano la normale soglia di tollerabilità si può parlare di lesione psichica, incidente come tale sul danno psichico; nel caso degli attori l’esposizione all’evento stressante per cui è causa e la rielaborazione delle situazioni di vita conseguenti a tale fatto “ingiusto” hanno determinato lo sviluppo di un episodio di malattia con caratteristiche sintomatologiche a comune con quelle tipiche del Disturbo dell’Adattamento con ansia, a seguito del quale, tenuto conto della persistenza per un periodo di più di 6 mesi dei sintomi di reazione all’evento stressante, si è prodotto un danno biologico di natura psichica valutabile, per il [ marito], nell’ordine dell’8% e, per la [ moglie], nell’ordine del 10%; detta valutazione resta ferma anche di fronte alla “preesistenza” dei due periziandi, caratterizzata per il [ marito] da una significativa labilità timica con oscillazioni del tono dell’umore tipiche dei temperamenti premorbosi affettivi di tipo ciclotimico ed irritabile e per la [ moglie], da elementi personologici di tratto caratterizzati da ansietà e tendenza alla rimuginazione, con precedente sperimentazione di episodi a carattere ansioso-depressivo reattivi ad eventi vitali, poiché in relazione alla condizione sintomatologica di rilievo clinico sopra descritta gli attori sono dovuti ricorrere a nuova consultazione specialistica, dopo un periodo di quiescenza sintomatologica in cui non avevano assunto terapia farmacologica, e sono stati loro prescritti trattamenti terapeutici (con stabilizzanti dell’umore e antidepressivi) da assumere in maniera continuativa (v. le due relazioni del C.T.U. Dr. D.D. in data 11 novembre 2011).
Le valutazioni del C.T.U. appaiono congrue ed esaurienti … sicché … possono essere poste a base della presente decisione.
Procedendo alla quantificazione del danno alla stregua delle risultanze peritali, nonché adottando come parametro di liquidazione le tabelle del Tribunale di Milano aggiornate al 2013, come autorevolmente sostenuto in materia dalla giurisprudenza di legittimità, si ottengono per gli attori, a titolo di danno biologico (o non patrimoniale alla persona) permanente, le seguenti somma: Euro 14.160,00 per il [ marito] ed Euro 20.723,00 per la [ moglie].
Non è riconoscibile in favore degli attori un’ulteriore voce di danno a titolo di danno morale, distinta da quella del danno biologico, trattandosi di una duplicazione dell’unica ed unitaria categoria del danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c. (Cass. Sez. un. 26972/2008). Vi sono, poi, le spese mediche documentate dagli attori, per l’importo di Euro 163,62 quanto al [ marito] e di Euro 81,81 quanto alla [ moglie] … : pertanto, l’importo complessivo del risarcimento spettante al [ marito] è pari a Euro 14.323,62 e quello spettante alla [ moglie] è pari a Euro 20.804,81.
… Omissis …”.